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Pubblicato da Michele Pappacoda mjcheva@live.it

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421449 341488462636967 1517554003 nInserito da :Sotgia Marcella VENEZIA - Lasciata sola, anche dalle istituzioni, malgrado nella sua vita abbia patito soprusi pesantissimi. Fin da bambina. Quello che ora desidererebbe è un’esistenza normale e un lavoro, anche umile, per potersi mantenere. Nulla di più. Ma per lei il percorso è tutto in salita e pieno di umiliazioni. Maria (il nome è di fantasia) ora ha 22 anni ed è una giovane molto graziosa e con una grande dignità. È stata portata nel Comune di Venezia dal Sud quando aveva otto anni, per sottrarla a quel papà ubriacone che abusava di lei. Padre che è stato processato, condannato e che ha scontato 9 anni in carcere per il male fatto alla figlia. «Quando avevo 4 anni la mamma è morta di tumore e sono rimasta con il papà. Lui beveva e mi usava violenza» le lacrime rigano il viso di Maria che fa un passaggio veloce sulla sua infanzia e va oltre, perché gli anni passano, ma non le sofferenze. «Mi hanno portata a Venezia, in una residenza protetta per sottrarmi a lui». Così la giovane è cresciuta in una comunità per minori, a parte qualche periodo che è stata in affidamento. Ha frequentato le scuole, due volte è stata data in affido a famiglie e poi è sempre tornata in comunità, fino alla maggiore età. «A 18 anni non potevo più stare nella comunità per minori - continua - all’epoca lavoravo in nero come cameriera e avevo un fidanzato più grande di me. Sono andata a vivere da lui». Ma poi la storia con il compagno è finita e anche il ristorante dove lavorava ha chiuso. «Mi sono ritrovata senza casa e senza lavoro - spiega - mi sono rivolta ai servizi sociali di Favaro dove ero domiciliata, ma mi hanno detto che non era di loro competenza perché avendo la residenza protetta risulto residente in via della Casa comunale e mi hanno indirizzato al servizio senza fissa dimora». Qui un posto letto il Comune glielo ha trovato, nella casa dell’ospitalità di via Santa Maria dei Battuti a Mestre. «Ero in mezzo alle clochard - racconta la giovane - uno stanzone con dieci letti, divisi da paraventi, un solo bidè e una doccia in comune. Dormivo con il turbante in testa per paura di prendere i pidocchi e non chiudevo occhio». In questa condizione Maria ha retto una settimana. Poi ha trovato una signora di buon cuore, un’amica, che le ha dato ospitalità in casa propria, assieme ai suoi due figli e al marito. Ed è lì da un anno. «Ho cercato lavoro in tutti i modi, qualsiasi tipo di impiego, ma non ho trovato nulla. Ho lavorato tre mesi quest’estate con contratto a termine in un supermercato, ma poi è scaduto - dice la giovane - Mi sono rivolta al Comune, alle cooperative sociali e mi hanno detto che hanno liste lunghissime di uomini che hanno perso il posto. Sono andata anche all’Informalavoro del Comune che mi ha proposto un corso di formazione retribuito in azienda, ma sono trascorsi due mesi e non mi hanno più chiamata». Maria non ha alcun riferimento famigliare. È sola. Pensava, essendo vissuta in residenza protetta, di aver diritto a qualche aiuto dalle istituzioni. Invece niente. «Non posso approfittare dell’ospitalità delle persone che mi accolgono e non voglio nemmeno umiliarmi nel fare gesti eclatanti come andare a dormire in municipio. Chiedo solo un lavoro, un impiego qualsiasi, per poter avere anch’io una vita normale». domenica 24 marzo 2013 - 15:03

 26 marzo 2013  Fonte :Il Mattino