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Pubblicato da Miki Pappacoda

INSERITO DA MIKI PAPPACODA “C’era un’isola che una volta era un’isola”, questo poteva essere l’incipit di un mio libro ma in questi giorni importanti con i quali consegneremo Capri al nuovo sindaco, non essendo più quattordicenne, sento, nella mia età matura, il dovere di condividere delle riflessioni su Capri. Sono discendente di una famiglia caprese, mia nonna era Maria Di Stefano, primogenita di una famiglia conosciuta nel gergo locale come “Felicioni”, che lasciò l’isola dopo essersi sposata giovanissima con mio nonno, che comandava la Tenenza di Finanza di Capri. Poi mio padre Teodorico, per assistere la mamma anziana e afflitta da malanni, decise di trasferire negli anni Cinquanta la sua famiglia da Napoli a Capri, l’isola dei sogni, un luogo meraviglioso che rapì me immediatamente, quella bambina di poco più di dieci anni allora. Era una Capri diversa che mi entrò nel cuore. Tornando ad oggi, ora siamo giunti al capolinea, mancano poco più di due mesi alle elezioni e ancora non si conoscono i nomi dei competitor, qualche rumors parla di riunioni quasi segrete tenute da vari gruppi o in locali pubblici ma chiusi al pubblico, o in uffici pubblici fuori dall’orario di apertura o nelle stanze del potere, o sotto gli occhi di tutti in piazzetta, discutendo non di progetti futuri ma soltanto di quali sono le pedine giuste per riempire le cartelle e raccogliere voti. Devo constatare a distanza di tanti anni che oggi in quest’isola non ci si parla più, non c’è dibattito, non c’è assemblea pubblica dove indicare quali sono le priorità che il nuovo sindaco dovrà fronteggiare, come si dovrà muovere, e scegliere magari con chi dovrà affrontare insieme questi problemi, come dovrà essere vicino alla gente oltre che rinchiudersi nelle stanze del palazzo e dialogare solo con i responsabili degli uffici, addebitando poi la colpa di tutto quello che non si fa a dipendenti che non sono stati votati. A questo punto poiché vorrei continuare, vi prego che, se qualcuno si sente offeso o calunniato, di denunciarmi, io sarò felice perché così potrò andare dinanzi ad un magistrato a raccontare cosa è diventata Capri, magari avrà più sensibilità ad ascoltarmi, ripeto, denunciatemi pure, io continuo. Basta con i favori, il familismo, le concessioni dovute come fosse un regalo ad un amico o a qualche capopopolo che porta voti, io voglio urlare basta alle telefonate che arrivano adesso nelle case chiedendo già il voto (e non si sa perché visto che non ci sono candidati), e profferendo parole assurde tipo “rivolgiti a noi”, “ci pensiamo noi”, e si tratta di pratiche pubbliche che dovrebbero essere segrete negli uffici, e non mi sto riferendo al sindaco ma agli uffici che si fanno bandiere del sindaco o del potestà di turno per concedere privilegi e favori che ad altri vengono negati o rimandati, così come di non ricevere risposta ad una pec, posso dirlo con certezza di causa perché è accaduto proprio alla sottoscritta. Questa situazione ormai è sotto gli occhi di tutti, a Capri si procede per bande, la prima parola che ti senti di dire è “con chi stai” come accadeva nella Sicilia degli anni Cinquanta e poiché chi detiene il potere amministrativo, di controllo e di rilascio di concessioni, ha anche il dovere di controllare quello che ha concesso, io chiedo apertamente: perché ciò non avviene? E questo in tutti i campi, lo dico a fronte alta, perché il mio agire, e lo dimostra la mia vita, è stato diverso, non ho mai omesso la verità quando ho scritto, senza animosità, sulle pagine del mio giornale, facendomi nemici, e qualcuno togliendomi anche il saluto, ma a me non importa, a me, anche se non la vedrò, sta a cuore che Capri ritorni, con tutte le comodità della modernità, ad essere un’isola felice, amata e apprezzata da stranieri e intellettuali che addirittura hanno vissuto sull’isola, persone diverse, da Malaparte a Gor’kij, da Benjamin ad Axel Munthe, sino ai Cerio che hanno lasciato a noi il loro patrimonio di cultura. Nelle mie antiche letture una frase mi è rimasta impressa: “non c’è peggior dirigente di chi non fa crescere una classe dirigente”, ebbene questo lo abbiamo sofferto in pieno e questo è stato il nostro fallimento, dirigere la cosa pubblica non è semplice e non è facile, ma è facile, però, accontentare tutti in dispregio alle normative. C’è ancora un po’ di tempo per conoscere, sapere, chiedere agli elettori se sanno indicare una persona valida, competente, seria, onesta e che non abbia nessun retropensiero verso chi è diverso da lui, tanto da togliergli persino il saluto. E’ questo un invito al confronto, alla discussione, alla scelta di un nuovo sindaco che possa avere una visione a trecentosessanta gradi di un progetto per Capri, non per sé ma per coloro i quali verranno dopo, facendomi scacciare dalla mente quella frase “c’era un’isola che una volta era veramente un’isola” e continuare a dire, invece, che Capri è l’isola più bella del mondo con il suo mare, la sua natura straordinaria e la genìa dei suoi abitanti che hanno costruito la fama di questo pezzo di scoglio poggiato sul mare azzurro che lo circonda. DI ANNAMARIA BONIELLO CAPRIPRESS

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