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Pubblicato da Miki Pappacoda

INSERITO DA MORENA MOTTA SALERNO - Kristina – sui social network si chiamava così – avrebbe istigato quel papà statunitense ad abusare sessualmente dei figlioletti che non avevano neppure 10 anni, promettendogli in cambio filmati ancor più hard. Non era davvero Kristina. A scrivere era un salernitano del ’72, A.I. le sue iniziali, che da dicembre 2019 è detenuto a Secondigliano (di recente ha pure ricevuto una riduzione di pena di 180 giorni per buona condotta) per la detenzione di sette film e ben 448 immagini di natura pedopornografica, alcune delle quali immortalavano pure le violenze “istigate”: reato valso una condanna a cinque anni e tre mesi di reclusione (e 9mila euro di multa), come deciso a giugno 2021 dai giudici della Corte d’appello, che rividero al ribasso il verdetto (sei anni e nove mesi di carcere con 11.500 euro di multa) emesso nell’estate del 2020 dalle toghe del Tribunale di Salerno. Le stesse che avevano ritrasmesso gli atti ai pm, ritenendo che al 51enne salernitano andasse contestato pure il concorso negli abusi sessuali che l’orco americano aveva inflitto ai suoi figli. Inchiesta archiviata. E così il pittore salernitano, che su Facebook , ricorrendo al falso nome di Kristina, si spacciava per fotografa artistica e che in passato aveva lavorato come educatore in una ludoteca a Parco Arbostella, era stato iscritto nel registro degli indagati pure per l’ipotesi di reato di concorso in atti sessuali su minori. Invano: nelle scorse ore Giandomenico D’Agostino , gip del Tribunale di Salerno, ha accolto la richiesta d’archiviazione del procedimento penale richiesta dal pm a seguito d’un supplemento d’inchiesta (successivo ad un primo rigetto, nel 2021, d’analoga istanza a firma del pubblico ministero) sul pedopornografo, assistito dall’avvocato Assunta Mutalipassi . «Appare – la motivazione – obiettivamente arduo operare una netta e chiara distinzione tra concorso nella produzione del materiale avente ad oggetto i figli minori dello statunitense e concorso nel delitto di atti sessuali posto in essere dall’americano ». Di qui l’archiviazione. Le indagini bis. A ravvisare l’ipotetica correità del salernitano per gli abusi sessuali oltreoceano erano stati i giudici della Terza sezione penale del Tribunale di Salerno – presidente Vincenzo Ferrara , a latere Cristina De Luca e Cesarina Ansalone – sulla scorta di differenti elementi emersi nel corso delle investigazioni condotte in solidum dagli agenti della polizia postale di Napoli e Salerno, dai colleghi inglesi (che avevano portato alla luce per primi il vasto giro di scambio di materiale pedopornografico) e da quelli americani. Innanzitutto dalle e-mail del salernitano allo statunitense: «Emerge – dissero – che il primo ha istigato in maniera insistente il secondo ad abusare sessualmente dei figli, cosa che poi è avvenuta, come dimostrano le immagini trasmesse ». E poi l’interrogatorio oltreoceano del papà “orco” americano: «In quell’occasione – la sintesi delle toghe – il cittadino americano avrebbe confessato gli abusi compiuti ed avrebbe chiamato in correità Kristina (alias del salernitano, ndr ), che lo avrebbe indotto a tanto promettendogli l’invio di materiale pedopornografico sempre più hard». Di qui l’esortazione ad indagare pure sull’ipotesi di reato del concorso in atti sessuali su minori. I precedenti. Di quelle violenze, però, il salernitano non è stato ritenuto responsabile. Dell’ingente mole di raccapriccianti file rinvenuti sui suoi hard disk, invece, sì. Reato al quale il 51enne salernitano non è nuovo: era già finito a giudizio una volta per detenzione di materiale pedopornografico ( Anno Domini 2015) ma il processo si concluse col non luogo a procedere per intervenuta prescrizione (i fatti contestati risalivano al periodo compreso tra il 2004 ed il 2006). Poi gli eclatanti arresti a gennaio del 2018 (l’uomo fu catturato ella piscina dell’Esercito): il salernitano era stato attenzionato dalla polizia inglese che aveva segnalato all’autorità italiana dei profili Facebook poi risultati riconducibili al pittore, messo ai domiciliari. Patteggiò una pena di due anni di reclusione con una multa di 2mila euro. Il 5 dicembre del 2019, allora, scattarono gli arresti a seguito delle investigazioni a cura degli agenti a stelle e strisce. Dalle intercettazioni telefoniche raccolte dalla Procura di Salerno (che delegò la polizia postale) s’appurò che il salernitano s’era proposto come collaboratore d’asilo, su Facebook promuoveva laboratori ricreativi per bambini e s’era iscritto perfino ad un sito Internet che offriva la possibilità di pubblicare annunci rivolti a genitori in cerca di maestri, baby sitter e intrattenitori. La sorella morta. La storia del pedopornografo salernitano scosse l’opinione pubblica pure per l’amara sorte toccata alla sorella affetta da sindrome di Down e da una grave bronchite: era legatissima al fratello e quando non lo vide più (pure se lei non sapeva il motivo, e forse neppure lo avrebbe capito) prese a rifiutare il cibo e a mostrare sintomi depressivi. Gli altri familiari del pittore lanciarono un appello alle autorità giudiziarie perché le consentissero di rivedere il caro congiunto ma alla fine la donna perse la vita. LA CITTA