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Pubblicato da Miki Pappacoda

NEWS ITALIA E DAL MONDO     di Giovanbattista Lanzilli  Salerno.    E' deceduto all'ospedale "Ruggi d'Aragona" di Salerno l'uomo di 82 anni che questa mattina è stato investito mentre attraversava nei pressi di Piazza della Concordia.  Troppo gravi le ferite riportate nell'impatto: i medici hanno provato a salvare l'anziano, ma purtroppo senza riuscirci. Il conducente dell'auto che lo ha travolto

INSERITO DA ANGELA CECERE «Dalle ore 3 di notte alle 9.30 della sera. Sì, solo la parola maratona rende bene l'idea dello sforzo enorme compiuto da tutti per portare a termine quest'impresa di buona sanità». Il professor Alessandro Anselmo è uno dei chirurghi dell'Unità di Chirurgia Epatobiliare e dei Trapianti del Policlinico di Tor Vergata di Roma, diretta dal professor Giuseppe Tisone, impegnati in un'attività no stop di 18 ore in cui sono stati eseguiti sei interventi chirurgici: due prelievi multi-organo che hanno consentito la contemporanea esecuzione di due trapianti di fegato e di due trapianti di rene su quattro diversi pazienti. «Per farlo serve una dose di follia». Lei ha eseguito più di mille trapianti, un record pure questo... «E tutti in ospedale. Una maratona operatoria come quella di Tor Vergata stabilisce il primato della sanità pubblica italiana». Italia che però non paga bene i suoi chirurghi, anche i migliori. «Vero, ma non c'è niente di paragonabile all'emozione di quando i tuoi occhi si incrociano con quelli dei trapiantati, per sentirti dire solo un grazie. Il chirurgo non si fa per soldi». Quanto costa un trapianto? «Basti pensare a quante persone vengono coinvolte: chirurghi, radiologi, infermieri, anestesisti, rianimatori, psicologi, autisti, personale di laboratorio, amministrativi, coordinamento ospedaliero e dei centri trapianti, medici specializzandi. Diciamo che si rimborsano 90mila euro per un trapianto di fegato e circa 45mila per il rene».  Dopo 18 ore in sala operatoria, come ci si sente? «Sfinito. Il chirurgo non beve, non va in bagno, non si sfila i guanti e lavora sempre con un casco illuminato e occhiali a binocolo».  Il rischio è alto... «Mi sento come un pilota di Formula 1 dopo un Gran Premio. Quando opero, è come fare una curva a 350 km all'ora: vietato sbagliare, la sfida è con la vita».

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