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Pubblicato da Michele Pappacoda direttore

Le rivelazioni dei collaboratori di giustizia incastrano Alfanso Cesarano. «Ci appoggiavamo al suo albergo per stare tranquilli».

Alfonso Cesarano era al servizio dei D’Alessandro, garantendo coperture ed appoggi logistici. A rilevarlo sono stati i pentiti che hanno fornito agli inquirenti elementi indispensabili a concludere le indagini con al centro il business del “caro estinto” a Castellammare di Stabia. «Ci appoggiavamo al suo albergo per stare tranquilli quando eravamo ricercati dalle forze dell’ordine» ha detto Raffaele Polito ai magistrati. In cambio Alfonso Cesarano aveva il permesso e l’autorità di gestire in totale monopolio i funerali a Castellammare di Stabia ed in alcune zone limitrofe.

«Spesso abbiamo alloggiato nel suo hotel quando avevamo bisogno di appoggi logistici per riunioni operative e per ospitare latitanti. Ciò è avvenuto solo nel caso di Antonio Lucchese ad insaputa di Alfonso Cesarano» racconta invece Salvatore Belviso.

Ancora dettagli importantissimi per sgominare il clan D’Alessandro quelli forniti da Raffaele Polito, Salvatore Belviso e Renato Cavaliere, arrestati nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio del consigliere comunale Gino Tommasino avvenuta nel 2009. Ma non solo. I Cesarano si stavano espandendo nella zona nord di Napoli, tessendo rapporti anche con i Nuvoletta. A rilevare questi dettagli altri due pentiti, Giuliano Saturnino e Roberto Perrone.

Chi invece aveva un rapporto strettissimo con Alfonso Cesarano era Renato Cavaliere. «Ho parlato con Alfonso Cesarano e gli ho chiesto se mi poteva mettere a faticare. Lui mi ha dato la sua disponibilità ed io gli ho detto che potevo fare il guardiano ed il custode della struttura di Sigliano. Mi ha assunto e mi dava uno stipendio pari a 2.

 
 

 

800 euro, per dodici ore di lavoro. Io all’inizio andavo effettivamente a lavorare, poi non ci sono andato più, perché i miei affiliati sostenevano che dovessi muovermi sul territorio, tanto il posto lo tenevo». Queste le sue dichiarazioni rilasciate ai magistrati e riportate oggi sulle colonne del quotidiano Metropolis.

Disponibilità che garantiva a Cesarano anche di essere affrancato dal pagare il pizzo. Anche se, come raccontato sempre dai collaboratori di giustizia, «in occasione dei funerali di esponenti del clan D’Alessandro, Cesarano non volle che venisse pagato alcun corrispettivo» ha raccontato Salvatore Belviso.

Racconti e riscontri che hanno portato la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ed i G.I.P. del Tribunale partenopeo a disegnare intrecci fortissimi tra i Cesarano ed i D’Alessandro. E per questo motivo ieri mattina Alfonso Cesarano, 61enne, è finito in carcere. Ai domiciliari, invece, i cugini Saturno, Alfonso e Giulio, il nipote Catello Cesarano e Michele Cioffi ritenuto un prestanome.

Nel corso dell’esecuzione della misura cautelare sono state sottoposte a sequestro preventivo le quote societarie ed i beni aziendali e strumentali delle due società operanti nel settore dei servizi funebri e cimiteriali, la “SERVIZI FUNEBRI S.R.L.” (con sede in Castellammare di Stabia) e la “IMPRESA FUNEBRE CESARANO S.R.L.”  (con sedi in Scafati e Vico Equense), per un valore totale che si stima pari a 7.500.000 euro.