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Pubblicato da Michele Pappacoda direttore

L’augurio dell’arcivescovo ai salernitani: "Lasciamoci afferrare dalla bellezza della Tradizione"

Se chiedessimo ai nostri giovani, ma anche ai meno giovani, cosa significa celebrare ogni anno il santo Patrono Matteo Apostolo e il perché della ripetitività di gesti che diventano segni eloquenti, scopriremmo che forse non ci capirebbero. Di fatto, per il linguaggio e lo stile di vita dei giovani, ripetitività significa noia. Ma per San Matteo non è così, e non lo è nella misura in cui si afferra il senso della Tradizione autentica, quella vivente della Chiesa, che per sua natura non è mai statica ma sempre in divenire. Chi non ha fatto l’esperienza di leggere e rileggere un passo del Vangelo e scoprire che ha sempre qualcosa di nuovo da dire? San Matteo è il redattore di un Vangelo attraverso il quale Gesù parla a ciascuno proponendo un incontro che stravolge la vita e rende forti e gioiosi. Il Vangelo di Matteo conduce a un apostolo vivo e attualissimo semplicemente perché il Testo Sacro è sempre una novità concreta. Inoltre la vita di un santo è costantemente profetica e ha la capacità di indicare la strada attraverso un’esperienza vissuta, non morta e conclusa, ma esemplare e da imitare. San Matteo ha incontrato Cristo, ha lasciato tutto e lo ha seguito, ha documentato la Buona Novella che ha scompaginato innanzitutto lui e per questa storia, diventata la sua storia, ha dato la vita. È innegabile che la domanda di senso sta crescendo in modo esponenziale. Non si limita più a chiedersi da dove veniamo e dove andiamo, in fondo la stessa irragionevolezza del postulare il caso come causa del tutto si è arresa alla ragionevolezza impressa nell’ordine delle cose, ma la domanda diventa più puntuale e la si può racchiudere nel chiedersi il perché di tanta irrequietezza e confusione? Perché al progresso non corrisponde una realizzazione percepita e vissuta dall’uomo? È un interrogativo che si legge nell’arte, nella musica e nella cultura in generale. Il cantautore Roberto Vecchioni cita spesso Leopardi affermando di voler credere che “amasse la vita nello stile di un amante che si sente tradito”. Eppure Leopardi in una famosa poesia si chiede: “Ove tende/ Questo vagar mio breve/ Il tuo corso immortale?”. Narra così la chiarezza della pretesa di felicità dell’homo religiosus. Beh, San Matteo con la ripetitività della sua festa non si stanca di collocare la risposta sotto ai nostri occhi. Potremmo liberamente non coglierla e la vita non cambierebbe ma potremmo agguantarla e diventare testimoni della gioia. Il mio augurio è quello di lasciarci afferrare dalla bellezza della Tradizione e dalla ricchezza della pietà popolare.

*Arcivescovo Metropolita LA CITTA