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AGEROLA E MONTI LATTARI NEWS BREVE STORIA DI AGEROLA

DI MICHELE PAPPACODA Se la storia geologica di Agerola (ovvero, dei suoi monti) comincia circa 200 milioni di anni fa, le più antiche tracce di presenza umana risalgono all’Età del Bronzo. Occasionali ritrovamenti archeologici attestano, poi, che in epoca romana imperiale vi erano diverse “ville rustiche” (fattorie forse legate al pagusdi Stabia) che coltivavano la parte pianeggiante della conca agerolese. Una probabile eredità di quella fase è il toponimo Memoranum (oggi Bomerano) che poteva indicare le terre e la fattoria di un tale Memor.

L’eruzione vesuviana del 79 d.C. coprì l’area con circa un metro e mezzo di pomici, segnando una fase di crisi. Ma la ripresa agro-pastorale fu relativamente rapida, tant’è che circa cento anni dopo Galeno, uno dei padri della medicina, elogiava le proprietà benefiche del latte prodotto sui Monti Lattari (De metodo medendi, V, 12).

Con la profonda crisi che seguì al crollo dell’Impero Romano, molte famiglie lasciarono i centri urbani costieri (troppo esposti a scorrerie, prima barbariche e poi “saracene”) per rifugiarsi sui Monti Lattari e vivere di una agricoltura di sussistenza. Nacquero così i primi villaggi, ad Agerola, come a Scala e a Tramonti. Fu in quei secoli che si formò anche il nome del luogo, probabilmente nato dalla voce tardo-latina gerŭla (= gerla) alludente alla forma tondeggiante della vallata. Ben presto l’articolo fu agglutinato al nome e Gerula (o Jerola, come scrive il Boccaccio nel Decamerone) divenne via via Agerola.

Una fase di crescita e di benessere Agerola la conobbe nei secoli dal IX al XII, quando fece parte del Ducato indipendente di Amalfi; filo-bizantino e portatore sia di stabilità sociale che di proventi dovuti ai suoi commerci internazionali. Alle case sparse si aggiunsero allora dei nuclei più densi, generando i casali diCampulo (oggi Campora), Planellum (Pianillo) e Memoranum (Bomerano). Nel trecento si addensa anche il casale di S. Lazzaro (ex loco Capud de Pendola) e poco dopo prende a chiamarsi A lo Pontequella parte del paese che gravita intorno allo scavalcamento del Rio Penise con la strada Pianillo – S. Lazzaro.

Molte terre e selve divennero proprietà di ricche e nobili famiglie amalfitane (Caugella, Capuano, Comite Urso, d’Afflitto, de Giudice, Maurone), come pure di alcuni monasteri dei dintorni (S. Cataldo e S. Giuliano al Cervigliano di Scala; S. Lorenzo del Piano e S. Maria Dominarum di Amalfi; S. Maria di Positano) e di istituzioni religiose di Agerola stessa (convento di S. Salvatore di Cospida e le tante chiese e cappelle che sorsero in paese in quei secoli[1]). Con speciali contratti di fitto (pastinato) i grandi proprietari terrieri incentivarono l’impianto di nuove vigne e castagneti da frutto (le sapide zenzalis) e il terrazzamento e la messa a coltura dei pendii. Spesso il compenso ai contadini era la cessione di parti dei fondi di cui avevano per anni e anni curato la trasformazione. Superata questa fase, i fitti si davano ad medietatem (sorta di mezzadria) oppure a quarta parte del raccolto, a seconda che si trattava di castagneti, terre e vigne, oppure di selve per il legnatico.

Tra le produzioni locali che fiorirono in quei secoli si ricordano: legname in travi e lavorato, formaggi, carni salate e salumi, pane biscottato per i naviganti ed il profumo Acqua di Rosa. Come attestano antichi documenti, tutto ciò veniva commerciato sia verso la vicina Napoli che, con le galee amalfitane, in molti porti d’Italia e del Mediterraneo.

Dopo la conquista normanna, Agerola rimase nel Demanio Regio insieme alla metà meridionale dell’ex Ducato; mentre Gragnano e Lettere venivano infeudate. Sotto Federico II il paese fu amministrato da un capitano e un giutiziere di nomina regia, cui si univano un sindaco e degli eletti (Univeritas) che si riunivano a Pianillo (ancora oggi sede del Municipio) dentro quella chiesa di S. Pietro che da secoli ospita S. Antonio Abate, patrono di tutta Agerola.

In epoca angioina, a partire dal 1284, Agerola fu infeudata per circa un cinquantennio, ma non più tardi del 1343 fu riunita a quella parte meridionale del Ducato che era rimasta di proprietà regia. Parte meridionale che poi conobbe anch’essa un lungo periodo di infeudazione (1398-1583), prima ai Sanseverino, poi ai Colonna ed infine (dal 1461) ai Piccolomini di Siena. Sotto questi ultimi Agerola fu sede di una Corte Bajulare, con propri Capitano e Governatore, competente anche su Praiano. Nel 1583 il Ducato era andato in fisco e, per evitare una nuova infeudazione, le locali Università lo ricattarono a caro prezzo presso la corte di Napoli. Ciò nonostante, nel 1638 Filippo IV tentò di ridarlo ai Piccolomini, ma questi non furono in grado di rimborsare ai comuni quanto da essi pagato decenni prima, per cui il Ducato (Agerola compresa) tornò definitivamente demaniale nel 1656.

Già nel periodo normanno-svevo, ma ancor di più durante la fase feudale, i traffici marittimi del Ducato subirono un progressivo ridimensionamento. Alla conseguente crisi economica Agerola seppe rispondere smerciando sempre di più i suoi prodotti verso Napoli, dove si trasferirono parecchi nostri possidenti e mercanti che, dal ‘500 in poi, tratteranno anche la seta che si produceva e tesseva in paese. Nella capitale ebbero illustre carriere anche alcuni agerolesi dotti e diverse volte dei nostri “emigrati” ricoprirono la carica di Eletto del Popolo. Grazie a queste relazioni con la capitale, la rivoluzione che portò alla breve Repubblica Partenopea (1799) vide Agerola come primo paese provinciale ad aderirvi. Notevole e bi-partigiana fu anche la partecipazione alle vicende dell’Unità d’Italia: durante i moti preparatori, ad Agerola nacque una sezione della Carboneria e dopo l’arrivo dei Savoia, alcuni agerolesi entrarono nel brigantaggio (mentre i più ne subirono le angherie).

Tra gli agerolesi illustri del passato si ricordano: Bernardo de Sarriano, milite e consigliere di Carlo II e di Roberto d’Angiò; Romeo de Sarriano, vicario di re Roberto a Ferrara; Marino Scatola, notaio della Regia cancelleria sotto Carlo II; Marino Scatola, milite, consigliere e familiare di re Roberto, che lo nominò portolano e procuratore in Calabria; Lisolo Lantaro, ricchissimo mercante in Napoli e feudatario a Parete nel XIV secolo; Alessio Cavaliere, reggente della Curia della Vicaria sotto Carlo V (XVI sec); Francesco Porpora, giureconsulto a Napoli, vescovo di Montemarano e tra i primi a scrivere una storia di Amalfi, poi persa (XVII sec); Biagio Avitabile, avvocato, poeta e biografo di molti autori dell’Arcadia (XVIII sec); Paolo Capasso, eroe e Medaglia d’Oro della I Guerra Mondiale. Con un piccolo passo indietro, ricordiamo infine il Generale Paolo C. M. Avitabile (1791-1850) che iniziò la carriera militare nell’esercito murattiano e la proseguì mettendosi al soldo prima dello Scià di Persia e poi del sovrano dei Sikh Rangit Singh, che lo nominò governatore della provincia afgana più difficile da controllare. Tornato in patria danababbo (il termine nasceva proprio allora per chi si era arricchito nelle Indie) l’Avitabile risedette prima a Napoli, poi a Castellammare (nel palazzo che sarà poi Villa Weiss) e, infine, ad Agerola, dove morì -in circostanze mai del tutto chiarite del tutto- nel bel palazzo che stava ultimando a S. Lazzaro (poi abbattuto durante il Fascismo per farvi la Colonia).

Short English version

The ancientmost traces of human settlement in Agerola date back to the Bronze Age. During the Roman period there were sparse farms belonging to the “pagus” of Stabiae. The thick pumice cover produced by Vesuvius eruption in AD 79 interrupted the development of the area, but one century later cattle breeding was again diffuse and the local milk was celebrated by the famous Roman doctor Galeno. After the fall of the Roman Empire, people escaping from the unsafe coastal towns of the surrounding come to increase the local population. It was in the early Middle Age that the name Agerola appeared (from the late latin “gerula”, i.e. basket, applied to the rounded shape of the valley). As part of the Amalfi Duchy, Agerola grew further up in the centuries from IX to XII, when the Amalfitan ships dealed its produce (wood, chases, coold meat, hard bread, cestnuts, wine and rose parfume) all over Italy and abroad. In that period new and new spaces were taken to the woodland to be terraced and cultivated. Moreover, the houses thickened around new churches, originating the hamlets of Campulo (nowaday Campora), Planellum (Pianillo), Memoranum (Bomerano) and San Lazzaro. When the Amalfi duchy lost its indipendence, Agerola entered a phase of alternating feudal conditions (1286 to 1340, 1461 to 1583; 1642 t0 1656) and inclusion among the state properties. Starting from the XII century, the trades of Amalfi sailors decreased both in weight and range; consequently Agerola’s produce were redirected toward Naples. There was also some emigration from Agerola to the capital city, including rich landowners, merchants and learned persons who had a brilliant carrier over there. One of the last cases is that of General Paolo Avitabile who became artillery lieutenant when Naples was ruled by G. Murat and became then a “nabab” by serving first the Persian Shah and then by governing the Punjab for the king Rangit Singh (1827-1845).

Tra le tappe importanti della storia recente di Agerola ricordiamo il passaggio dalla provincia di Salerno a quella di Napoli (1844), l’inaugurazione della rotabile per Castellammare (1884) e di quella per Amalfi (1933). Già nel tardo ottocento Agerola diventa una ambita meta di villeggiatura estiva, presentandosi ai borghesi ed agli intellettuali napoletani come una Zermatt a portata di mano. Nel 1876 nasce il primo albergo (il Risorgimento) di questa “Piccola Svizzera Napoletana”, il cui potere di attrarre villeggianti andrà crescendo fino agli anni settanta del novecento. Tra gli ospiti illustri si ricordano Salvatore di Giacomo, Francesco Cilea, Gabriele d’Annunzio, Guido Piovene, Roberto Bracco.

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