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Pubblicato da Miki Pappacoda

Festeggiamenti dedicati a Sant'Andrea ApostoloCittà di Amalfi

INSERITO DA MICHELE PAPPACODA Il miracolo che tutti attendono con trepidazione non è solo quello dello scioglimento del sangue di San Gennaro a Napoli. In Campania, terra di fede e di tradizioni, di eventi straordinari ve ne sono diversi. Ma uno di questi, considerato tra i più prodigiosi, si perpetua ad Amalfi. Da oltre 700 anni. E’ il miracolo della Manna di Sant’Andrea Apostolo il cui rito si ripete in alcuni periodi dell’anno. Comprese le vigilie della festa patronale e di quella estiva celebrata in ricordo della violenta tempesta scatenatasi in mare evitando l’invasione della flotta del corsaro saraceno Ariadeno Barbarossa.

«Il 29 novembre 1304 la cripta della cattedrale era gremita di fedeli, che partecipavano alla Messa solenne della vigilia dell’Apostolo – raccontava il compianto don Andrea Colavolpe nel libro “Amalfi ed il suo Apostolo” – Mentre si svolgeva il rito sacro, un anziano pellegrino (la leggenda narra che avesse una fluente barba e che fosse il Santo sotto mentite spoglie…) se ne stava prostrato presso una delle due fenestellae confessionis in atteggiamento devoto. Ad un tratto si levò di scatto e ad un chierico che gli era accanto, tale Pierantonio Suraldi, domandò: “Ma che è mai ciò che avviene qui dentro? Avete mai osservato?”. Il Suraldi sul momento non poté dar retta all’osservazione, ma al termine della celebrazione, quando ormai il pellegrino si era allontanato, volle osservare e scoprì nella cavità un vassoio d’argento a forma di coppa, che nessuno vi aveva posto, la cui superficie appariva cosparsa di bollicine liquide e gommose».

Si gridò al miracolo
Si gridò al miracolo e il chierico Pierantonio Suraldi, stando alle ricerche dell’indimenticato parroco di Amalfi, cominciò a plasmare le membra inferme dei presenti, soprattutto gli occhi. «Si narra di un uomo di Tramonti, cieco da sette anni, che riacquistò la vista e di una donna di Aversa, il cui figlioletto guarì dal “mal caduco”, dall’epilessia», aggiungeva poi il prelato nel suo racconto.

Dal 1304 la Manna, stando a quanto ci è stato tramandato da don Andrea Colavolpe è scaturita dal Sepolcro dell’Apostolo tranne che in un periodo di tempo che va dall’episcopato di Ferdinando Giovanni Annio o D’Anna (1530-1541) al febbraio 1586 «quando, il giorno delle ceneri, una pia donna, che si chiamava Maximilia, dopo essere rimasta a lungo presso il Sepolcro in preghiera, constatò di nuovo la presenza della Manna ed avvertì l’Arcivescovo Giulio Rossini che accorse festante insieme al clero ed al popolo».


ph Giovanni Fusco
Quando si raccoglie la manna
«Quando la Manna c’è, si canta il Te Deum, si ringrazia Dio; se manca, si canta il Parce Domine – aggiunge don Andrea Colavolpe – La Manna è raccolta nelle principali ricorrenze liturgiche secondo il calendario della Chiesa amalfitana e cioè il 28 gennaio, quando si fa memoria del ritrovamento della Reliquia del Capo; il 26 giugno, vigilia della celebrazione del Patrocinio; il primo novembre, inizio del mese consacrato all’Apostolo; il 21 novembre, inizio del Novenario; il 29 novembre, vigilia della solennità annuale secondo il calendario della Chiesa universale; il 7 dicembre, inizio della pia pratica della Coronella. Del prodigio, esiste una cronistoria, iniziata nel 1908 per disposizione dell’arcivescovo Antonio Maria Bonito in cui vengono minuziosamente riportate le cronache del prodigio, avvenuto anche in altre date per particolari ricorrenze». FONTE AMALFINOTIZIE

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